Secondo Lorenzini (2006), l’ansia è la “sorella evoluta della paura” ed appartiene al genere umano, probabilmente in modo esclusivo, grazie alla capacità propria della nostra specie di “immaginare il futuro”. L’uomo, a differenza degli animali, può sperimentare paura per minacce ai propri scopi che non si sono ancora verificate e che non è detto che si verificheranno. Nonostante paura ed ansia condividano lo scopo di metterci in guardia da una minaccia, esse differiscono in alcuni importanti fattori. Il primo è la consistenza della minaccia ed il secondo è il carattere più o meno ipotetico della minaccia. Nella paura la minaccia è immediata, evidente, e la sua consistenza è assolutamente tangibile. Proviamo ad immaginare, per esempio, che un terrorista voglia fare esplodere il treno su cui stiamo viaggiando.
A differenza del tipo di minaccia rappresentato dall’esempio del treno (immediata e tangibile), nell’ansia la minaccia è più vaga, indefinita. Siamo inquieti senza riuscire a spiegarcene la ragione precisa, non riusciamo a capire che tipo di danno potrebbe abbattersi su di noi ma sentiamo che ciò accadrà da un momento all’altro. Facciamo mille ipotesi su quello che potrebbe accadere, siamo all’erta e sempre vigili. Infatti, al contrario della paura che è legata a situazioni in corso, l’ansia è collegata a situazioni ipotetiche, non immediate, e che potrebbero anche non verificarsi mai. Ad esempio, se dovessi perdere il treno chissà cosa potrebbe accadere, farò tardi al lavoro e il mio capo potrebbe cercarmi proprio oggi che ho perso il treno, arriverà quel cliente che aspettavo da tempo, ecc. L’ansia consiste quindi in preoccupazioni intense per situazioni che non si sono ancora verificate. Questo perché solo l’uomo è in grado di immaginare il futuro, di prefigurarsi scenari positivi o negativi, ed è questa capacità cognitiva che ci consente di immaginare anche eventuali minacce. (R. Lorenzini, 2006).
Provare un’ansia intensa perché un nostro scopo importante ci sembra minacciato è funzionale poiché spinge la persona a mettere in atto strategie che riducono o eliminano la minaccia, dopo di che la persona può tornare alla normalità. L’ansia diventa invece disfunzionale quando assume un carattere talmente pervasivo da modificare la vita stessa della persona, le sue relazioni e la sua idea di sé stesso. Soprattutto il disturbo d’ansia generalizzato è caratterizzato da sintomi d’ansia molto generalizzati e persistenti generati da uno stato di preoccupazione costante che investe ogni ambito della vita, quali la famiglia, il denaro, il lavoro, la salute. La preoccupazione è sproporzionata rispetto all’evento temuto ed è inoltre pervasiva e difficilmente controllabile dal soggetto. Inoltre, questa paura ed ansia eccessivi suscitano anche tensione motoria (irrequietezza, tremori, tensione muscolare) e/o uno stato di attivazione eccessivo, come irrequietezza (nervi tesi), irritabilità o difficoltà di concentrazione (DSM-5). Ciò è dovuto al fatto che l’unico scopo della paura è predisporre l’organismo a reagire con prontezza per evitare che la minaccia si realizzi. La nostra reazione, fin dalla notte dei tempi, consiste nell’“attacco o fuga”. Sia nell’attacco che nella fuga le esigenze dell’organismo sono le stesse: muscoli pronti a scattare, accelerazione del battito cardiaco e della respirazione per fornire più ossigeno ai muscoli, meno sangue alla cute (da cui il pallore) per evitare che una ferita ne faccia perdere troppo, e meno sangue all’apparato digerente le cui funzioni sono sospese e rinviate a fine pericolo.
Quando l’ansia diventa disfunzionale la persona vive costantemente in questa sfiancante situazione di allerta e la sua qualità della vita ne risente in modo sostanziale: in famiglia, al lavoro, nelle relazioni interpersonali, ecc. La persona si rende conto di questi cambiamenti in peggio e se ne attribuisce la responsabilità pensando di essere debole ed incapace di governare sé stesso. Conseguentemente a questa autovalutazione negativa, l’autostima si abbassa sempre più e cominciano a subentrare sintomi depressivi.
E’ in questa situazione che la persona si rende conto di avere bisogno di aiuto e che è giunto il momento di rivolgersi ad un professionista della salute mentale.
BIBLIOGRAFIA
- SASSAROLI S., LORENZINI R., RUGGIERO G.M., 2006, Psicoterapia cognitiva dell’ansia, R. Cortina Editore.
- American Psychiatric Association, D.S.M.-5., 2013, R. Cortina Editore.